26 mag 2009

AZIONARIATO POPOLARE - Ritorno alle origini

Filippo De Rienzo per Associazione Calciofili Modenesi “La Giostra dei Footballers”

Negli anni ’10, prima della guerra, quando dilagava la moda dello sport e qualsiasi borghese degno di tal nome doveva essere un perfetto sport man e pertanto interessarsi a ciclismo, motorismo e football, fiorì quella forma di associazionismo spontaneo, di base, che portò alla nascita di molti club calcistici tra i più gloriosi della penisola. Da una costola del Milan Cricket and Football Club (poi solo football), nacque il Football Club Internazionale Milano (1908), a Bologna sorse il Bologna Football Club (1909) e a Modena, i geminiani, per non essere da meno, il 5 aprile 1912, fondarono il Modena Football Club, sorto sulle ceneri dell’Associazione Studentesca del Calcio Modena (1910) e della rivale Audax F.C. (1911).
Nato per volontà dei giocatori stessi e degli sport man locali che erano anche i primi tifosi della squadra nonché dirigenti e finanziatori, il Modena Football Club si diede uno statuto che si caratterizzava per una avanzata democraticità e una gestione economica trasparente e pubblica. L’unica distinzione tra i soci era quella basata sull’età: i soci effettivi (over 16) votavano nelle assemblee, diritto che era escluso per i soci juniores (under 16). Erano ammesse anche le donne ed era esclusa qualsiasi connotazione politica o religiosa. Le assemblee ordinarie erano il fulcro della vita sociale: ogni due anni i soci non morosi con il pagamento delle quota annuali e mensili
(nel 1919 arrivarono ad essere rispettivamente di 10 e 5 lire) eleggevano con voto pro capite un Consiglio Direttivo costituito da un presidente e 12 membri tra i quali venivano nominati un Vice-Presidente, un Segretario, un Economo e un Cassiere.
Per garantire la possibilità di una efficace turnazione tra i soci, 6 dei consiglieri, per estrazione, decadevano dopo un anno e venivano sostituiti con altrettanti soci eletti nuovamente dall’assemblea. Con una siffatta organizzazione il Modena F.C. prosperò sino a diventare uno dei club più ricchi del nord Italia, arrivando a ingaggiare giocatori di assoluto rilievo nazionale come Forlivesi, Perin e Fresia.
Già il 26 febbraio 1913 il sodalizio gialloblù arrivò a schierare 4 squadre contemporaneamente: la incontrò a Venezia i Volontari, la Nettuno di Bologna, la Squadra la formazione riserve della Giovanni Pico di Mirandola e, infine la Squadra Junior affrontò le riserve della Jucunditas di Carpi.
Due anni dopo nella primavera 1915, nonostante un pessimo campionato, il Modena F.C. era così popolare in città da poter contare su ben 800 soci, 600 dei quali seguirono i canarini nella trasferta di Bologna del 14 marzo e poterono assistere alla distruzione dei rossoblù da parte degli uomini di Fresia. I restanti 200 andarono in automobile, quelli ricchi, o in bicicletta, tutti gli altri. Per rimpinguare le casse sociali ogni anno venivano emesse azioni infruttifere da L. 25, da L. 50 o da L. 60, la cui sottoscrizione garantiva l’iscrizione a uno speciale libro dei soci benemeriti, ma nessuno speciale privilegio in sede di assemblea ordinaria, se non uno sconto sugli abbonamenti o un diritto di prelazione sui posti migliori della tribuna in legno. Le azioni del ’12 e del ’13 andarono esaurite in un batter d’occhio e il Modena poté prima acquistare il campo da gioco nell’ottobre del 1912, poi risistemarlo integralmente nel settembre del 1913 e, infine ristrutturare completamente un’ampia sala dell’Hotel Commercio in Via Farini per adibirla a sede della società. Il giorno dell’inaugurazione, il 23 marzo 1914, intervennero per il brindisi ben augurale ben 150 soci. Con un occhio di riguardo tutto romantico e risorgimentale, a partire dal 1914 venne istituita la categoria delle Patronesse per favorire le accanite tifose canarine, tra cui si segnalavano alcuni dei più bei nomi della buona società modenese: pagando una quota annua di trenta lire avrebbero avuto diritto al posto gratis in tribuna. Al termine della 1a Guerra Mondiale, la società ricostituita sotto l’impulso del Presidente Sanguinetti dopo due anni di inattività, riprese la sua attività normalmente, seguendo le stesse norme organizzative rebelliche poste dai soci fondatori.
Nel novembre del 1920 due fazioni di soci si diedero accanita battaglia per occupare lo scranno presidenziale: vinse il vecchio Cav. San Donnino che però abbandonò dopo poco più di un anno nel marzo 1922, attaccato da molti soci per aver gestito troppo allegramente le casse sociali. A lui succedette il ragioniere Enrico Donati che fu presidente illuminato fino al termine della stagione 1927, anno in cui le vecchie norme statutarie vennero abbandonate di fatto e presidenti e consiglieri presero ad essere nominati direttamente dal Segretario Federale del PNF locale tra i gerarchi e i notabili fascisti modenesi. Con la Presidenza di Giovanni “Nanni” Corni (1927-29) terminava quindi un’epoca d’oro del calcio modenese, un’epoca in cui la società accoglieva sport man e semplici tifosi tra le sue fila, facendo della partecipazione popolare un elemento costitutivo imprescindibile di un’attività sociale che in quegli anni raggiunse vette altissime, quando la squadra arrivò a sfi orare la vittoria nella Coppa Federale nel 1916, giunse a un passo dalla finale per il titolo nel 1925 e creò il mito del “pericolo giallo”, la paura di tutte le squadre, anche le più titolate, di rimetterci le penne sul campo di Viale Fontanelli.

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